Le storie contenute in questa cronologia hanno come protagoniste persone povere, rom e non rom, abitanti delle baraccopoli di Torino. Persone etichettate unicamente tramite le linee del “colore”, come rom, in primo luogo dalle istituzioni. Queste vicende descrivono nel tempo l’invenzione dei “campi nomadi” e i correlati processi di nomadismo forzato che perdurano ancora oggi a danno di individui e famiglie spesso stanziali da secoli, che tuttavia in Italia continuano ad essere oggetto di quotidiani sgomberi e deportazioni, senza mai poter trovare un luogo sicuro dove abitare. Per chi è povero la possibilità di trovare un luogo sicuro dove abitare non esiste e certamente avere (e tenersi) una casa nelle nostre città e metropoli risulta ormai un privilegio, accessibile solo a chi può permettersi di pagare un affitto ai prezzi proibitivi del mercato privato.
La presenza rom romena a Torino si inserisce in un pre-esistente contesto di proliferazione di “campi rom”autorizzati e non. Già nel lontano 1982 a Torino erano presenti ben 27 “aree” in cui vivevano persone rom e sinte, di cui una, quella del “Sangone”, creata tramite delibera comunale nel 1979 e regolamentata. Queste zone erano oggetto di una politica di gestione e di questo compito è stato incaricato l’Ufficio Stranieri e Nomadi del Comune, creato nel 1982, il primo in Italia. La istituzionalizzazione di “campi” come forma abitativa destinata a comunità rom e sinte a Torino prende forma nell’intreccio tra differenti fattori, tra cui il “problema” delle espulsioni di Sinti piemontesi con cittadinanza italiana dalle città in cui intendevano stanziarsi e la crescente presenza di rom provenienti dalla ex Repubblica Federativa Socialista Jugoslava a partire dagli anni Sessanta. Nonostante ci si trovasse in presenza di persone in larghissima parte stanziali da decenni o da secoli – o, per quanto riguarda i Sinti piemontesi, costretti a un nomadismo coatto – è proprio la questione di un supposto nomadismo a diventare la chiave di lettura tramite cui si interpreta il bisogno abitativo di queste persone, tanto da legittimare una risposta d’eccezione (e sostanzialmente di contenimento). Così, la legge regionale n. 26 del 10 giugno 1993 – così come accaduto nella maggior parte delle regioni italiane – istituzionalizza una forma abitativa razzializzata, il “campo”, giustificandola del tutto impropriamente come azione a “salvaguardia” di una supposta “identità etnica e culturale” dei rom. Nel corso degli anni Novanta, tale politica inizia ad incontrare una crescente opposizione ed è per questo che anche a Torino progressivamente si opterà non per la costruzione di nuovi campi autorizzati, quanto per la tolleranza delle baraccopoli in cui si ritrovano a vivere in particolare, ma non solo, i rom migranti arrivati più recentemente sul territorio comunale, quelli provenienti dalla Romania, che in breve tempo, diventeranno “l’ultimo nemico pubblico”.
Dalla metà degli anni ’90 iniziano infatti a giungere a Torino molte persone provenienti dalla Romania che sono emigrate per scelta e per necessità. Le cause che spingono le persone a partire dopo il 1989 sono indubbiamente legate alla trasformazione del sistema economico post-comunista: le persone “rom”, in larghissima parte nullatenenti e disoccupate, sono tra le prime a subire gli effetti devastanti dell’instaurazione di un ordine capitalistico selvaggio in Romania. ll movimento migratorio era volto a trovare possibilità di sussistenza e talvolta a fuggire dall’esplosione di violenze razziali. Le modalità di ingresso in Italia durante gli anni Novanta erano principalmente illegali, data la politica dello Stato italiano in materia di immigrazione, e venivano seguite dalla domanda di asilo politico, che in larga parte le autorità rifiutavano. Secondo alcuni abitanti della baraccopoli, il primo insediamento “invisibile” in Lungo Stura Lazio, che questa cronologia ha per oggetto, risale pressapoco all’anno 2000. E’ però a partire dal 2002 che la baraccopoli inizia a popolarsi significativamente, in quanto l’abolizione del visto per entrare nello spazio Schengen semplifica e abbassa i costi dell’emigrazione dalla Romania: il platz arriva a raggiungere i 2.000 abitanti, diventando così la baraccopoli più grande di Torino e forse dell’Europa occidentale. ll dato più significativo, relativamente alla presenza migrante rom romena a Torino, è come essa – che gli amanti delle tassonomie potrebbero definire composta da migranti economici, esattamente come la maggior parte del resto della popolazione con cittadinanza romena – venga invece riassorbita all’interno della narrazione del nomadismo, proprio sulla base della genealogia del discorso pubblico intorno al campo come forma abitativa adatta ai rom, essenzializzati come “nomadi” e dunque, intrinsecamente, “criminali”.
Prendendo in prestito le parole di N. Sigona, questo meccanismo può riassumersi nei seguenti passaggi:
“i nomadi, tutti e indistintamente, sono criminali per natura, pertanto è normale che siano oggetto di controlli indiscriminati da parte delle forze di polizia. E qui entra in gioco il terzo elemento: il campo-nomadi – il luogo per eccellenza dove vivono i nomadi – è funzionale a tenere questi criminali sotto controllo. Fine riassunto.” (Sigona N., 2007, “Lo scandalo dell’alterità: rom e sinti in Italia”, in Bragato e Menetto, Nuova Dimensione, pp. 17-32)
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1942 -1944
Porrajmos, il grande divoramento: l’Olocausto dei Rom in Romania durante il regime fascista del maresciallo Antonescu
Le forme e i linguaggi della violenza e dell’odio razzista che hanno colpito gli individui e comunità rom – così come le sofferenze che hanno vissuto – sono molteplici e ricorrenti nel corso della storia.
Ricordiamo il genocidio avvenuto in Romania durante il regime fascista del maresciallo Ion Antonescu, che tra il 1942 e il 1944 ordinò la deportazione di circa 25.000 Rom romeni in Transnistria (regione tra i fiumi Nistru e Bug). Le deportazioni delle persone rom iniziarono il 1 giugno del 1942. Antonescu stesso diede l’ordine di deportare “tutti gli zingari verso la Transnistria”. Le persone vennero costrette a viaggiare a piedi o su vagoni, per lunghe settimane. Le autorità romene tolsero ogni bene e ogni indumento ai deportati che morirono nudi, a cielo aperto, di freddo, di fame, di malattie e di morte violenta. Molte donne e adolescenti furono stuprate dalle autorità. Se si opponevano alle violenze venivano immediatamente uccise: molteplici furono le esecuzioni per mano delle autorità civili e militari.
Si legge in un rapporto governativo del 1942 relativo ad uno dei siti di deportazione:
“Per tutto il tempo che i rom sono stati nella caserma di Alexandrudar, hanno vissuto in una condizione di miseria indescrivibile. L’alimentazione era insufficiente. Si davano solo 400 grammi di pane agli adulti e 200 grammi ai bambini e anziani. Gli si davano anche un po’ di patate e raramente del pesce affumicato. Perciò molti sono dimagriti talmente tanto che sembrano scheletri. Ogni giorno muoiono dieci-quindici zingari. Sono pieni di parassiti; la visita medica non gli viene fatta e le medicine non ci sono. Sono senza vestiti, scarpe. Alcune donne hanno il corpo vuoto, nel vero senso della parola. Il sapone non gli è stato mai distribuito, perciò non possono lavarsi, né lavare i propri indumenti. In generale la situazione degli zingari è terribile, molto vicina all’impossibile. Per questo alcuni sono diventati dei veri e propri selavaggi. A causa della fame hanno iniziato a rubare alla popolazione ucraina. Al giorno 25 novembre sono morti già 309 individui.” (Arh. St. Bucuresti, Inspectoratul General al Jandarmeriei, dos. 130/1942, vol. I, f. 128-132 )
Decenni dopo, nel 2014, nella baraccopoli di Lungo Stura Lazio una donna di cinquant’anni raccontava: “Antonescu, lo conosco. Ho sentito da mia mamma, da mia nonna, ci ha presi tutti e ci ha portati in Transnistria e ci ha lasciati là. Sai, come con gli Ebrei. Ma noi Rom non abbiamo niente, sai. Ci prendono tutto. Noi andiamo in Romania ci mandano via, andiamo in Germania ci mandano via, andiamo in Italia, ci mandano via…Eh… Noi siamo come il Vento. Poi arriva il Lupo e ci mangia.
Film sull’Olocausto Rom in Romania (1942 – 1944):
“Valle dei sospiri / Valea Plângerii”, Romania, 2013, 56′, regia di Mihai Andrei Leaha, Iulia Hossu, Andrei Crisan
Vincitore dell’ Award for Best Image all’Astra Film Festival 2013 di Sibiu.
Trailer:
https://www.youtube.com/watch?v=RSPoUM162_Q&feature=youtu.be
Film integrale:
1965 -1989
Le politiche assimilazioniste dei rom durante il regime di Ceaușescu in Romania
Durante il regime di Ceaușescu, in particolare tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, quando conobbero una importante crescita demografica, i rom furono oggetto di diverse politiche di sedentarizzazione, proletarizzazione e “romenizzazione”. Dal punto di vista abitativo a molti di coloro che non erano sedentari vennero assegnati appartamenti popolari in condomini dello stato o terreni. Molte comunità vennero disgregate. La maggior parte delle persone rom venne impiegata in fattorie statali o fabbriche.
“Durante il periodo socialista, i rom dall’Europa dell’Est erano il bersaglio di politiche di assimilazione. Di conseguenza, molti di loro furono impiegati nel sistema economico socialista. Erano lavoratori industriali, poco qualificati o non qualificati, e membri delle cooperative di produzione agricola. Altri erano riusciti a rimanere al di fuori delle unità produttive socialiste, lavorando nella economia informale. La principale attività informale a disposizione dei rom era il piccolo commercio, che svolgevano in tutto il paese”. (Voiculescu C., 2004, “Temporary Migration of Transylvanian Roma to Hungary”, in D. Pop, Cluj-Napoca, AMM Design, p. 145)
Testo :
Achim V., 2004, The Roma in Romanian History, Budapest, Ceu Press
1989 – 1999
“Libere” circolazioni dalla Romania dopo la caduta del regime comunista: capitalismo e razzializzazione
Testi:
Melegh A. 2006, On the East-West Slope. Globalization, nationalism, racism and discourses on Central and Eastern Europe, Budapest, CEU
Vincze E., Rat C., 2013, “Foreword for the Special Issue on Spatialization and Racialization of Social Exclusion. The social and cultural formation of ‘gypsy ghettos’ in Romania in a European context, «Studia UBB Sociologia», v. LVIII, n.2, pp. 5-22
Sul pogrom di Hădăreni:
“Rapporto sulla violazione dei diritti umani della minoranza rom in Romania”, a cura della Rete d’urgenza,Torino, luglio 1998
http://briguglio.asgi.it/immigrazione-e-asilo/1998/luglio/rom.html
European Roma Rights Center, 1996, Sudden Rage at Dawn. Violence against Roma In Romania, Country Reports Series, No. 2., ERRC, Budapest
http://www.errc.org/uploads/upload_en/file/00/18/m00000018.pdf
Caso Hădăreni, district of Mureş (Romania)
EUROPEAN COURT OF HUMAN RIGHTS, 397 – 12.7.2005,
judgment in the case of Moldovan and Others v. Romania (no. 2) (application nos. 41138/98 and 64320/01).
https://hudoc.echr.coe.int/eng-press#{%22itemid%22:[%22003-1393399-1454825%22]}
Caso Hădăreni, district of Mureş (Romania), Consiglio d’Europa / Corte Europea dei diritti dell’Uomo, 2013. p. 1
1990 – 2000
I primi arrivi a Torino di persone rom provenienti dalla Romania: una città a parte
Testi:
Brunello P. (a cura di), 1996, L’urbanistica del disprezzo. Campi rom e società italiana, Manifestolibri, Roma
Viene pubblicato nell’ottobre del 2000 “Il paese dei campi. La segregazione razziale dei Rom in Italia”, a cura dello European Roma Rights Center
http://www.errc.org/reports-and-submissions/il-paese-dei-campi
Sigona N., 2002, Figli del ghetto. Gli italiani, i campi nomadi e l’invenzione degli zingari, nonluoghi libere edizioni, Divezzano
Valentino N. (a cura di), 2011, I ghetti per i Rom. Roma Via di Salone 323. Socioanalisi narrativa di un campo rom, sensibili alle foglie, Roma
Picker G., 2012, Territori postcoloniali ai limiti. I campi per rom in Italia e Francia tra doxa e storia, in Ceva e Galeotti, Mondadori, pp. 194-216
1998 – 1999
I primi rom romeni a Torino sono “fuori luogo” e vengono sgomberati e deportati
Testi:
Revelli M., 1999, Fuori luogo. Cronaca da un campo rom, Torino, Bollati Boringhieri
2000 – 2002
Si forma la baraccopoli “non autorizzata” di Lungo Stura Lazio, periferia nord di Torino
Intorno al 2000 inizia la vita del “Platz”, ovvero la prima baraccopoli illegale di Lungo Stura Lazio, a Torino. Cresciuta nell’arco di 15 anni, è diventata la più popolata della città e forse d’Europa, arrivando a contare circa 2000 abitanti etichettati da un punto di vista “etnico” come rom, ma sostanzialmente persone povere, provenienti dalla Romania e non solo, che non possono avere accesso al mercato privato degli affitti. L’unico spazio dove vivere a Torino sono le sponde nascoste del fiume Stura, l’unica casa possibile, una baracca auto-costruita.
Il Comune e la Questura di Torino nel corso degli anni hanno sempre dichiarato un numero inferiore di abitanti.
2002 – 2004
Vita quotidiana al “Platz”, un villaggio nella città
15 aprile 2004
Primo sgombero forzato contro gli abitanti di Lungo Stura Lazio. La polizia distrugge le baracche di circa 90 rom romeni e tutti i loro beni personali
Link :
Centro europeo per i diritti dei rom, Collective Complaint by the European Roma Rights Center against Italy, 18 june 2004
https://rm.coe.int/no-27-2004-european-roma-rights-center-errc-v-italy-case-document-no-1/1680740851
Primi anni 2000
I migranti poveri provenienti dalla Romania, rom e non rom, cercano uno spazio di esistenza a Torino tra baraccopoli, sgomberi e deportazioni
10 dicembre 2011
Pogrom della Continassa – Quartiere Vallette, periferia nord-ovest di Torino
2012
In Lungo Stura Lazio nasce una nuova chiesa di culto pentecostale
Dicembre 2012
Il 21 maggio 2008, in nome della “sicurezza di Stato” viene emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, nel quale si dichiara lo “stato di emergenza in relazione agli insediamenti delle comunità nomadi in Campania, Lombardia e Lazio” e l’anno successivo Piemonte e Veneto, con cui si conferiscono poteri straordinari ai funzionari dello Stato e degli organi locali. In tal senso si paventano il monitoraggio, l’identificazione dei campi nomadi, l’eventuale sgombero degli stessi, nonché la creazione di nuovi. Si procede rapidamente alla schedatura e alla raccolta di dati biometrici degli abitanti delle baraccopoli rom, dunque sulla base di una discriminazione razziale. La cd. “Emergenza Nomadi” verrà poi dichiarata illegittima tramite sentenza del Consiglio di Stato del 16 novembre 2011. Contro di essa il 15 febbraio 2012 il Governo italiano ha presentato ricorso presso la Corte Suprema di Cassazione. Il 30 aprile 2012 la Corte di Cassazione ha rigettato definitivamente il ricorso.
A tal proposito, vale la pena segnalare l’articolo “Appunti per una “lettura romanì” del pacchetto sicurezza” di Alessandro Simoni, in cui si legge:
“Ricordiamo i passaggi essenziali, politici e normativi, del nuovo antiziganismo di Stato (2) sino alla promulgazione del “pacchetto sicurezza”. Con la campagna elettorale del 2008, per la prima volta la “questione zingara” diventa problema di rilievo nazionale, con prese di posizione nel programma ufficiale di una delle formazioni politiche in lizza. Tra gli obbiettivi presentati agli elettori dal Popolo della libertà compare infatti il «contrasto all‟insediamento abusivo di nomadi e (l‟)allontanamento di tutti coloro che risultano privi di mezzi di sostentamento e di regolare residenza» (3). Come sappiamo, queste priorità hanno avuto una rapida traduzione pratica con l‟emanazione delle famose ordinanze sull‟”emergenza nomadi”. Non ritorneremo qui sul loro contenuto (4), ricordando solo come esse facessero riferimento agli insediamenti di comunità nomadi, agli abitanti dei quali venivano applicate una serie di incisive misure di polizia preventiva, pur se prodromiche – a leggere il testo – ad interventi per il superamento dell‟emergenza e l‟integrazione sociale.
Come scrivevamo, a nostro parere l‟antigiuridicità di tali ordinanze non derivava tanto dalle attività che prescrivevano, ma piuttosto dalla costruzione di una categoria, quella del “nomade”, che assume in Italia caratteristiche inequivocabilmente etniche, e rappresenta l‟emersione nel linguaggio normativo di una stereotipizzazione negativa che aveva sino ad allora già governato, ma in modo occulto, un‟infinità di prassi discriminatorie verso gli “zingari”, di cui il termine “nomadi” è sinonimo. (…)”
(Simoni A., “Appunti per una ’lettura romanì’ del pacchetto sicurezza”, in Fiorita N., Giolo O.,Re L. (edf), “La ‘minoranza insicura’. I rom e sinti in Europa“, Jura Gentium, V (2009), 1. http://www.juragentium.org/forum/rom/it/simoni.htm)
A seguito del Decreto Legge n. 59 15/5/2012 ( Legge n.100 del 12/7/2012) la Prefettura di Torino destina al “superamento delle criticità relative agli insediamenti autorizzati e non di comunità nomadi presenti sul territorio cittadino” le somme precedentemente accreditate dal Ministero degli Interni sulla contabilità speciale di competenza, previa stipulazione di una specifica convenzione con la Città di Torino (periodo previsto: dicembre 2013/dicembre 2015).
Con Deliberazione della Giunta Comunale mecc. 201207751/019 del 18/12/2012 viene approvata la Convenzione tra Prefettura e Città di Torino e la parallela istituzione del Comitato di Indirizzo, con cui viene sancita la riallocazione delle somme accreditate dal ministero dell’Interno sulla contabilità speciale di competenza, pari ad Euro 5.193.167,26, che confluiranno nel progetto “La città possibile” e nello sgombero della baraccopoli di Lungo Stura Lazio.
2013
Il Comune fa chiudere la fontanella di acqua potabile più importante per gli abitanti della baraccopoli vicino al ponte di Strada Settimo.
Gennaio – Febbraio 2013
Costruire uno sgombero “innovativo” e “sperimentale”: definizione delle linee guida per il futuro progetto “La città possibile”
Link alle delibere e comunicati stampa della Città di Torino:
http://www.comune.torino.it/giunta_comune/intracom/htdocs/2012/2012_07751.pdf
http://www.comune.torino.it/giunta_comune/intracom/htdocs/2013/2013_01849.pdf
La Sintesi proposta progettuale del “Progetto MOI Migranti un’Opportunità d’Inclusione”: un’analisi critica del Comitato di solidarietà rifugiati e migranti
Aprile 2013
Maggio 2013
Uno sgombero “umanitario”: sulD decreto di sequestro preventivo da parte del GIP (Procura di Torino) dell’area dove è sito il campo rom di Lungo Stura Lazio
Link all’articolo de La Stampa, 21 marzo 2015
https://www.lastampa.it/topnews/edizioni-locali/torino/2015/03/21/news/al-campo-nomadi-si-rischia-una-nuova-occupazione-1.35286043
Link all’analisi dettagliata dei documenti e dei tempi di sequestro dell’area – pagina Gattonero Gattorosso
Fine 2013 – 2014
2013 – 2015
Tramite i cd. “patti di emersione” si materializza una concezione giuridica e politica individualizzata e punitiva della povertà e si legittima uno sgombero attraverso la “partecipazione”
2014 – 2015
Link a comunicati, analisi, approfondimenti e corrispondenze radio dell’assemblea antirazzista informale Gattonero Gattorosso:
https://www.facebook.com/Gattonero-Gattorosso-718198011628411/
Settembre 2014 – Comunicato stampa del Comune di Torino sull’ennesimo sgombero della polizia in Lungo Stura Lazio, distruzione di baracche e l’allontanamento di 45 persone “che non avevano titolo o condizione giuridica per essere inserite in progetti di inclusione sociale”.
26 febbraio 2015
Si tratta dello sgombero più grande e violento del 2015, con un enorme spiegamento di agenti e di mezzi. Le ruspe del Comune di Torino entrano nel campo e radono letteralmente al suolo centinaia di baracche. Svariate roulottes vengono trainate via. In un giorno almeno 300 persone si ritrovano di colpo senza casa e in mezzo alla strada, senza nessuna alternativa abitativa. Alle persone non viene dato nemmeno il tempo di mettere in salvo le proprie cose, ai malati non è permesso recuperare le medicine.
Come spesso accade, le uniche offerte di sistemazioni provvisorie per chi viene sgomberato sono poche notti in palestre o tendoni non idonei e assolutamente temporanei, che spesso separano anche le famiglie su basi di genere. La maggior parte di chi è sgomberato rifiuta queste proposte.
Alcune persone fuggono in altre zone della città, altre chiedono ospitalità a chi vive ancora nel campo. Tra le persone buttate in mezzo alla strada si contano 62 minori (molti dei quali a scuola in quel momento), 5 donne in stato di gravidanza, molti neonati, persone con disabilità, anziani, persone malate, persone con disagio mentale.
Nel campo restano ancora almeno altre 400 persone (la metà dei quali minori di età) che si trovano sotto sgombero nei giorni successivi.
Gli avvocati Laura Martinelli e Gianluca Vitale insieme agli abitanti del campo preparano in pochi giorni un ricorso contro lo sgombero voluto e gestito dal Comune di Torino e lo presentano alla CEDU, Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Strasburgo)
15 marzo 2015
18 marzo 2015
Retata all’alba della polizia al campo di Lungo Stura: dal “superamento dei campi rom” alla loro moltiplicazione
Almeno 100 persone vengono prelevate all’alba dalla polizia e portate in Questura. A molte di loro viene assegnato un foglio di via in previsione di alcuni rimpatri immediati.
Centinaia di fogli di via vengono dati alle persone che vivono nel campo: fogli di via spesso identici a quelli di altre retate.
Come gli sgomberi, anche le retate della polizia e i fogli di via si ripetono continuamente nel corso del progetto. Le retate all’alba, le giornate intere trascorse dentro i commissariati o in questura, le minacce continue di sgombero e di deportazione, rappresentano una delle strategie essenziali di logoramento dei residenti della baraccopoli da parte delle Forze dell’Ordine e delle istituzioni, affinché una parte delle persone decida di sparire da sola e “auto-sgomberarsi”, cercando altrove un’altra sistemazione nel silenzio e nell’invisibilità.
Di fatto, contrariamente al famoso slogan del “superamento dei campi rom”, il progetto “La città possibile” ha prodotto la loro moltiplicazione, estremizzando se possibile la precarietà in cui le persone già vivevano.
19-20 marzo 2015
Viene contestato all’Università degli Studi di Torino il convegno dal titolo “Per l’inclusione abitativa dei rom e sinti. Pratiche e strumenti tra ricerca e policy”
Link ad articoli sul convegno:
http://wots.eu/2015/04/28/appunti-e-disappunti-sulla-partecipazione-e-rappresentanza-dei-rom-1-di-2/
http://wots.eu/2015/05/05/appunti-e-disappunti-2-di-2-sulla-falsa-specificita-della-questione-rom/
Convegno sui rom senza i rom, antirazzisti contestano il Comune:
Video della contestazione del convegno:
http://wots.eu/2015/04/28/appunti-e-disappunti-sulla-partecipazione-e-rappresentanza-dei-rom-1-di-2/
18 marzo 2015
È la prima volta che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) sospende lo sgombero di un campo rom in Italia.
Gli avvocati Laura Martinelli e Gianluca Vitale insieme agli abitanti del campo erano riusciti, dopo il mega sgombero del 26 febbraio 2015, a preparare un ricorso e a presentarlo alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo.
Durante le operazioni di sgombero a molti nuclei famigliari (con presenza di minori, di persone malate, anziane, donne in stato di gravidanza, ecc..) viene detto solamente di andarsene, di sparire, o vengono proposte soluzioni provvisorie e ultra precarie che separano le famiglie.
Il 18 Marzo 2015, una volta analizzato il ricorso, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ordina al Comune di Torino di fornire maggiori dettagli e informazioni sulla situazione delle famiglie che hanno presentato il ricorso, sospendendo ogni nuova operazione di sgombero forzato già previsto da istituzioni e forze dell’ordine secondo un calendario serrato che si doveva chiudere entro il 31 marzo 2015, in modo da poter concentrare tutte le forze di polizia sull’arrivo di turisti e pellegrini per l’ostensione della Sindone.
In pochi giorni il Comune di Torino presenta alla stessa Corte qualche informazione sulla supposta “riallocazione” delle “persone vulnerabili” ed il 27 marzo 2015 ottiene così l’autorizzazione a procedere con il progetto e i successivi sgomberi forzati.
26 marzo 2015
Giorgio Molino, proprietario di migliaia di immobili a Torino, è inquisito nell’ambito del progetto “La città possibile”
«In corso Vigevano c’è un edificio che “accoglie” diverse famiglie. Si trova sopra ad una discoteca non isolata acusticamente, che mette musica dal martedì alla domenica, è sorvegliato da videocamere e l’uso del suo spazio è soggetto ad un regolamento severo: divieto di avere ospiti durante la notte, proibizione di “ingombrare” i corridoi anche solo con i passeggini, divieto di sostare sul marciapiede antistante, 2 euro per fare una lavatrice (con il proprio detersivo). L’housing sociale di Corso Vigevano è gestito da un’associazione la cui presidente, in una conversazione privata, ha dichiarato che “Questo posto è abbastanza vicino al centro, ma è un quartiere di miserabili, Marocchini, Tunisini… va bene per i Rom.” »
(C. Vergnano, 2015, “La città possibile. L’etnicizzazione di un conflitto urbano”, libera traduzione dal catalano)
Giorgio Molino, noto palazzinaro torinese, viene indagato – insieme ad alcune associazioni e organizzazioni gestori del progetto “La città possibile” – come proprietario di immobili affittati per “accogliere” diverse famiglie spostate dalla baraccopoli. In particolare, nelle proprietà di Molino di Corso Vigevano 41 – che percepisce gli affitti da AIZO (Associazione Italiana Zingari Oggi) – vengono sistemate provvisoriamente 26 famiglie rom e non rom gradualmente sgomberate dal campo di Lungo Stura Lazio in “appartamenti” privi di abitabilità e che erano già stati posti sotto sequestro nel 2012 dalla polizia municipale per abusi edilizi.
Di seguito il comunicato dell’Ufficio stampa del Comune del 12 aprile 2012:
SEQUESTRATO UN INTERO PIANO DI UN EDIFICIO IN CORSO VIGEVANO
Stamani agenti del Nucleo Progetti Operativi della Polizia Municipale hanno sequestrato per abusi edilizi un intero piano di un edificio di corso Vigevano 41 e 43: la proprietà risulta essere di Giorgio Molino, personaggio già noto alle cronache giudiziarie torinesi per vicende simili.
In tutto l’edificio sono stati effettuati controlli accurati e mirati, e sono stati accertati numerosi illeciti.
Fonte:
http://www.comune.torino.it/ucstampa/2012/article_359.shtml
Diventa di dominio pubblico un fatto di cui gli antirazzisti parlavano da tempo : l’immobile di Corso Vigevano 41, nel quale sono state collocate in regime di “social housing” diverse famiglie del campo rom di Lungo Stura, è direttamente amministrato ed indirettamente posseduto da Giorgio Molino. I soldi stanziati dal Ministero dell’Interno per il progetto “La città possibile” del Comune di Torino finiscono così anche nelle tasche di colui che è meglio noto come “Ras delle soffitte”, dal momento che ha costruito il proprio impero affittando tuguri e mansarde fatiscenti a profughi e persone senza documenti a prezzi impossibili (da 300 a 600 euro al mese per un posto letto) ed è per questo stato anche condannato ai domiciliari nel 2007.
Inoltre la destinazione d’uso dell’immobile di Molino non è residenziale. Si spiega quindi una delle ragioni (politiche, perchè dal punto di vista normativo andrebbe comunque garantita) per cui non viene riconosciuta la residenza alle famiglie rom che ivi sono state collocate da A.I.Z.O. sotto l’egida del Comune di Torino.
Nel corso del progetto seguiranno altre inchieste e scandali che coinvolgeranno ad esempio l’operato dell’associazione Terra del Fuoco in merito all’appalto per la pulizia delle macerie presenti tuttora in Lungo Stura Lazio.
27 marzo 2015
Giunge la comunicazione dalla CEDU, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che dopo aver ricevuto le informazioni richieste dal governo decide di togliere lo stop cautelare al provvedimento di sgombero
marzo – aprile 2015
maggio 2015
Il Comune di Torino comunica che entro fine giugno il campo di Lungo Stura Lazio sarà sgomberato con la forza
27 maggio 2015
30 maggio 2015
Presidio antirazzista degli abitanti dei campi di Via Germagnano e Lungostura Lazio e solidali contro un piccolo gruppo di cittadini, vicini a formazioni neo-fasciste, che avevano programmato l’ennesima marcia vicino ai campi di via Germagnano
18 giugno 2015
Una serata informativa per la città e per il quartiere, per raccontare tutto quello che era accaduto nei mesi precedenti contro gli abitanti di Lungo Stura Lazio, ormai oggetto di continue operazioni di sgombero quotidiano, “a bassa intensità”, e alla enorme speculazione economica messa in atto dal progetto “La città possibile” sulla pelle della “popolazione rom”. All’iniziativa partecipano molti abitanti del Platz e persone solidali, gli interventi sono numerosi e si proiettano video dello sgombero violento di parte della baraccopoli di Lungo Stura nel febbraio 2015.
Corrispondenza radio
https://radioblackout.org/2015/06/campi-rom-tra-sgomberi-e-buoni-affari-assemblea-giovedi/
Video “Voci da Lungo Stura”
29 settembre 2015
Arresto di un ragazzo sgomberato nella baraccopoli: gli agenti della polizia municipale lo malmenano e lo arrestano.
Durante le ultime tappe forzate dello sgombero del campo un ragazzo e la sua famiglia occupano una baracca rimasta vuota perché la loro era stata distrutta quella stessa mattina. I vigili del “nucleo nomadi” di Torino intervengono e arrestano il ragazzo che prima di essere portato via aveva chiesto qualche giorno in più agli agenti per riuscire a trovare una sistemazione alternativa. Grazie ai video girati dalle persone presenti nel campo al momento dell’arresto l’avvocato Vitale potrà mostrare in tribunale una versione ben diversa da quella raccontata dai tre agenti in aula: un’agente estrae la pistola e la punta all’altezza delle persone, il ragazzo non oppone resistenza durante l’arresto e neppure quando viene fatto entrare nell’auto della polizia per essere portato via dal campo. Dai filmati risulta evidente che nessuno del campo si è avvicinato agli agenti.
Viene spruzzato contro il ragazzo anche dello spray al peperoncino in dotazione agli agenti.
Questa vicenda è stata seguita da diversi canali di informazione proprio per la chiarezza delle immagini prodotte dai testimoni rispetto alle dichiarazioni diametralmente opposte fornite a voce dai tre agenti della municipale (che arrivano in tribunale con referti medici e giorni di prognosi).
Successivamente, il 25 novembre 2015, i tre agenti vengono premiati dal sindaco Fassino e dal consiglio comunale ricevendo un solenne encomio per la loro professionalità.
Nonostante i video presentati durante il processo il ragazzo viene condannato per resistenza.
Inizio ottobre 2015
Nell’”esperimento”di social housing di Corso Vigevano gestito da AIZO e di proprietà di Giorgio Molino, già indagato da marzo 2015 per le speculazioni che riguardano il progetto “La città possibile”, iniziano vari tentativi per allontanare le famiglie da quello spazio.
Negli appartamenti assegnati a famiglie “riallocate” dalla baraccopoli ci sono pochi bagni e non c’è il gas. Si inizia a fare pressione sui nuclei presenti perché lascino quello spazio, minacciando sfratti, perché il business è finito. Anche in queste sistemazioni “temporanee” le famiglie ovviamente non riescono a pagare gli affitti a Giorgio Molino e i fondi de “La città possibile” assegnati alle associazioni sono già terminati.
E’ importante sottolineare che anche i “meritevoli”, coloro che avevano stipulato un contratto con le organizzazioni del progetto per “emergere dall’illegalità” e “rispettare le regole” abitative e lavorative “civili”, firmando il “patto di emersione”, non sono mai stati inseriti nel registro anagrafico cittadino: la loro condizione transitoria in case è restata pertanto identica a quella del periodo in cui vivevano nel campo e cioé senza documenti, senza residenza, senza tessera sanitaria, senza la possibilità di avere un contratto di lavoro.
Sull’esperienza delle famiglie “riallocate” da Lungo Stura Lazio in via Traves si può leggere l’interessante contributo di Manca, Vergnano “When Housing Policies Are Ethnically Targeted: Struggles, Conflicts and Contentions for a “Possible City”
https://link.springer.com/chapter/10.1007/978-3-030-11373-5_6
Link
https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=837258999722311&id=718198011628411
Testo
“When Housing Policies Are Ethnically Targeted: Struggles, Conflicts and Contentions for a “Possible City”
https://link.springer.com/chapter/10.1007/978-3-030-11373-5_6
12 ottobre 2015
19 ottobre 2015
Ennesimo sgombero nel campo di Lungo Stura Lazio, che lascia senza u tetto sulla testa almeno 40 famiglie
Nuovo sgombero forzato all’alba da parte delle forze dell’ordine per centinaia di persone che ancora vivono nella baraccopoli, rimaste escluse dal progetto “La città possibile”. Le ruspe del Comune distruggono decine di baracche che per molte persone hanno rappresentato una casa per tanti anni, lasciando gli abitanti del campo per strada senza alcuna alternativa abitativa.
20 ottobre 2015
Ancora uno sgombero forzato nel campo di Lungo Stura Lazio: parte un corteo spontaneo da Lungo Stura che occupa l’Ufficio Nomadi di via Bologna 55
1 novembre 2015
2 novembre 2015
Occupanti “abusivi” e occupanti “morali”: incontro tra le famiglie di Via Ast Est e Terra del Fuoco e altre associazioni di Via Asti Ovest
“Alle 19:30 i rappresentanti del comitato degli occupanti originari escono dalla loro riunione per comunicare alle famiglie presenti il loro responso .”Siamo solidali con la vostra lotta, e capiamo il vostro disagio….però c’è un problema”. Vi avevo avvisato qualche riga più su: c’è sempre un però. Infatti, cito quasi testualmente, la soluzione abitativa nella palazzina occupata non è percorribile perché mancano acqua luce e corrente elettrica (“esattamente come nel campo nomadi dove abitavamo prima!”, rispondono in molti). Proprio a causa di queste mancanze, argomentano, nessuno è stato ospitato in questi primi sei mesi di permanenza qua dentro: vi sono problemi tecnici non risolvibili, per cui nada. E nel frattempo? “Noi stiamo qua, non andiamo da nessuna parte.” risponde perentoria una madre di famiglia, applaudita da un pubblico partecipe (anzi “partecipato” come direbbero molti presenti) . Non sono però d’accordo i ragazzi del comitato, perché tutto ciò non fa parte del “percorso” che avevano deciso mesi orsono; la discussione (il confronto è fermo ma molto pacato e di ampia disponibilità, il fair play va riconosciuto a tutti i soggetti presenti) sembra avviarsi verso una fase di stallo. “Noi non siamo proprietari di questo spazio e non siamo noi a decidere chi sta qua dentro; siamo disponibili ad aiutare ma non siamo i proprietari della caserma” viene ripetuto quasi come forma di auto-convincimento inconscia. Dopo alcune schermaglie sull’ opportunità di affidare (simbolicamente ma anche concretamente) le chiavi del complesso anche ai nuovi occupanti, si giunge all’ intervento provocatorio (nel senso più positivo del termine) del Prof. Ugo Mattei che ha spinto tutti i presenti a buttare il cuore oltre l’ostacolo e tentare una esperienza nuova di condivisione degli spazi e di aiuto reciproco secondo il modello del bene comune di cui il docente torinese è autorevole ed affermato esponente. Dopo altri svariati interventi, la conclusione è ancora affidata alla voce dell’esponente di Terra del Fuoco, che richiede 48-72 ore di tempo per permettere al Comitato Via Asti di decidere sul da farsi, compresa una eventualità (per carità, assolutamente legittima) di fare un passo indietro e sfilarsi dalla gestione della caserma. E’ fin troppo facile immaginare le conseguenze di un tale atto: quanto durerebbe una occupazione di un edificio del pre-collina da parte di famiglie rom (a questa latitudine forse sono già chiamati zingari) prive di un sostegno laterale di associazioni molto più vicine all’ Amministrazione cittadina? Poche ore, al massimo qualche giorno, come accade alle altre simili esperienze cittadine di occupazione di case e spazi abbandonati.” (Sistema Torino)
“L‘occupazione è iniziata con un incontro tra i due gruppi di occupanti (il gruppo Rom e il gruppo Terra del Fuoco), finalizzato a trovare una soluzione comune nonostante i loro diversi obiettivi e bisogni. Le famiglie rom si sono lamentate della distruzione delle loro baracche e degli imminenti sfratti dagli edifici in cui erano stati alloggiati. Hanno sottolineato che, anche se le loro baracche erano precarie e non sicure, queste erano le uniche case che avevano e le hanno perse per non essere state selezionate come beneficiarie “meritevoli” o, se selezionate, per non essere in grado di pagare l’affitto senza poter avere lavori in regola. Le case alternative promesse e il progetto di inclusione professata erano, in effetti, più precari delle loro vecchie baracche. Come ha scritto Marianna in uno dei suoi appunti: quando chiedo a George se conoscono gli altri occupanti, lui sorride e risponde “conosci Rossella? E sai dove abita? ” Rispondo che conosco Rossella, che è un’assistente sociale per il progetto La Città Possibile e vive a Torino. George diventa serio e dice: “Vive qui, dall’altra parte del cortile. Avrebbe dovuto trovare una casa per noi, ma non l’ha fatto e ora non vuole che restiamo qui. Dicono che dobbiamo andarcene perché non c’è acqua ed elettricità qui, ma abbiamo vissuto per anni sulla riva del fiume ”(5.11.2015). In effetti, questo era lo squat di uno squat, un’affermazione politica che ha preso il posto di un’affermazione precedente, un’affermazione di un gruppo di “occupanti abusivi” all’interno e contro quello di un gruppo di “occupanti morali” (Piemontese 2016). In effetti, i Rom sono stati fortemente critici nei confronti degli educatori: hanno rivendicato il loro diritto a una casa e hanno contestato La Città Possibile, come hanno scritto in una lettera aperta indirizzata al vicinato. Da parte loro, gli occupanti “morali” della ONG apparivano imbarazzati e a disagio con i loro nuovi vicini Rom. “Non siamo i proprietari di questo edificio– hanno dichiarato durante l’incontro– e non siamo noi a decidere chi ha il diritto di rimanere qui; possiamo aiutarvi, ma non siamo i proprietari ”. “Eccoci, non abbiamo un altro posto dove andare”, ha risposto una donna rom. (Tessarin 2015)”
C. Vergnano, M. Manca, “When Housing Policies Are Ethnically Targeted: Struggles, https://link.springer.com/chapter/10.1007/978-3-030-11373-5_6
Conflicts and Contentions for a “Possible City”
1-12 novembre 2015
Gli occupanti di Via Asti Est, rinominata “Avion”, si presentano al quartiere e iniziano a organizzare la vita quotidiana tra lavori, assemblee, cene solidali
Di seguito uno stralcio della lettera del 3 novembre 2015 dei nuovi occupanti di Via Asti Est al quartiere:
Buongiorno,
siamo un gruppo di persone che fino a pochi giorni fa abitavano nella baraccopoli di Lungo Stura ed ora abitiamo in via Asti, perciò saremo i vostri nuovi vicini. Abbiamo occupato un piccolo pezzo della ex caserma “La Marmora”, che in aprile è stata occupata – promettendone un uso sociale – dall’associazione “Terra del Fuoco”, una delle tante che ha partecipato al progetto “La città possibile” del Comune di Torino, con cui sono stati spesi 5 milioni di euro per sgomberare il campo di Lungo Stura. Da allora tanti di noi sono finiti in strada, mentre la caserma restava in buona parte vuota.
Da oggi è abitata anche da donne, uomini e bambini che il Comune e le associazioni hanno sgomberato e sfrattato senza offrire nessuna alternativa abitativa. Abbiamo scelto questa casa perché ci sembra giusto avere un posto adeguato nella casa di chi questi anni ha guadagnato milioni di euro promettendocene una! […]
Nel frattempo la vita quotidiana prende forma in Via Asti Est. Dalla mattina presto si iniziano lavori per sistemare muri e finestre, gli impianti dei bagni, le persone sgomberate pian piano sistemano le loro stanze tra materassi, coperte, sedie, tavoli, stufe a gas, mentre nel cortile si gioca a pallone e qualcuno sistema la propria bicicletta. La sera si cena tutti insieme e si pensa alle iniziative da portare avanti negli spazi della casa: dal cineforum alla ciclofficina, le idee non mancano. Ogni giorno si tiene un’assemblea di autogestione. Il sabato sera si organizza una cena benefit con festa molto partecipata.
“Durante il loro soggiorno, le famiglie hanno lavorato duramente per rendere gli spazi confortevoli con mobili e oggetti domestici, anche per bambini e anziani. Lo hanno aperto a tutte le persone esterne incuriosite dalla loro situazione e solidali con la loro lotta”. (C. Vergnano, M. Manca, “When Housing Policies Are Ethnically Targeted: Struggles, https://link.springer.com/chapter/10.1007/978-3-030-11373-5_6Conflicts and Contentions for a “Possible City”)
Il comunicato del 3 novembre 2015 completo:
https://www.facebook.com/718198011628411/photos/a.721821184599427/849857581795786/?type=3&theater
10 novembre 2015
Pubblicazione e diffusione dell’ “Appello per sostenere l’occupazione di via Asti Est”
Link al testo integrale dell’ “Appello per sostenere l’occupazione Asti Est”:
https://www.facebook.com/notes/853029398145271/?__xts__[0]=68.ARDKXa66cJynnKk1un8I1hCEz6zEG2fMITxnQ7t-2WjXahKShZNG6sZ_KwgMow3zftaQ36OTj7snKFfgRcfkTT-yYOCQrfzTNPx9o30VSgl1xSi2f93tFHh_qQWqKOE981AYlo5mlvoix8r9zvNmkP3zn4ovTDlA4GFUJm5KdyRNfjtBxWx1NDZ1Jwi_tC4GJxgynsgZ01cWXE0Pxt3tU11aXqLpNVSVWcDaFgpwk31V5CHpl_C3IZJ6HFsJwIdJmrx6jIoeT9M0i9d5g2R4O7xL3DajpaXu7tqF9phVnal8fxF8818j5fOfMiwkTsR9OihMlnxqwmj5PhkMKZM78g&__tn__=HH-R
12 novembre 2015
Sgombero dell’occupazione di Via Asti
13 novembre 2015
Due ragazzi che facevano parte dell’occupazione di via Asti Est vengono portati al CIE in attesa di espulsione: scoppia la rivolta
Due ragazzi sgomberati dal campo di Lungo Stura Lazio e dal social housing de “La città Possibile” e che avevano partecipato all’occupazione di “Avion”, in via Asti, dopo essere stati identificati vengono portati direttamente al CIE (ora CPR) in corso Brunelleschi, per essere deportati in Romania.
Qualche giorno dopo viene organizzato un presidio sotto alle mura del CIE. Alla notizia che sarebbero stati espulsi amici, parenti e solidali dei due ragazzi hanno gridato la loro rabbia e il loro amore. Dall’interno si sono sentite le urla di risposta dei reclusi.
In serata dentro al CIE scoppia la rivolta. Tre sezioni su cinque sono in fiamme. I prigionieri ancora una volta si ribellano.
17 novembre 2015
I due ragazzi vengono deportati in Romania. Fermati durante lo sgombero, di “Avion”, erano stati portati al CIE, dove finiscono anche i cittadini europei, soprattutto se di serie zeta: per loro non c’è libertà di circolazione, sono “indesiderabili”. Nel CIE sono rimasti diversi giorni dopo la convalida dell’espulsione fatta dal giudice. Secondo la normativa, avrebbero dovuto essere subito estradati in Romania o liberati, ma il giudice ha dichiarato che dovessero essere rinchiusi per un tempo “ragionevole”.
21 novembre 2015
Occupazione della sede ASL vuota da anni di via Borgoticino da parte di alcune famiglie sgomberate da Lungo Stura Lazio e da via Asti
Alcuni singoli e famiglie sgomberate dalla ex-caserma di via Asti occupano una sede dismessa dell’ASL in Via Borgoticino 7, in Barriera di Milano, zona nord della città.
“Le persone che oggi hanno occupato una sede abbandonata dell’ASL hanno vissuto in Lungo Stura Lazio per necessità, e non perché “nomadi”. Dopo l’ultimo sgombero subìto nelle scorse settimane sulla riva del fiume, loro avevano deciso di occupare uno spazio abitativo all’interno della caserma La Marmora, in via Asti. L’associazione che gestiva la caserma si chiama Terra del Fuoco, insieme alla quale altre associazioni e cooperative si sono spartite più di cinque milioni di euro – soldi pubblici spesi con il progetto La Città Possibile – promettendo una casa e soldi agli abitanti del campo; mentre il comune ordinava alle ruspe di demolire le loro baracche lasciando centinaia di persone senza nessuna alternativa abitativa!
Dopo un paio di settimane li hanno sgomberati anche dall’occupazione di via Asti, dicendo che era un’occupazione illegale. Invece sei mesi prima sono stati in tanti, tra politici e magistrati, a dire che l’occupazione dello stesso posto, da parte di Terra del Fuoco, era giusta perché “ristabiliva la pubblica utilità”.
Oggi queste persone, ex abitanti di Lungo Stura e via Asti, hanno deciso di continuare la lotta per la dignità, per una casa. Davanti alla prospettiva di dormire in strada nei giorni più freddi della stagione, hanno deciso di occupare questo spazio vuoto. Per necessità”. (Dal comunicato di abitanti e solidali).
Corrispondenza radio
https://radioblackout.org/2015/11/nasce-casa-di-catalin-e-romeo/
10 dicembre 2015
11 dicembre 2015
Sgombero dell’occupazione di via Borgo Ticino 7
Sgombero dell’occupazione di via Borgo Ticino a Torino 7.
Tutti gli occupanti vengono fotografati dalle forze dell’ordine. Un occupante viene nuovamente portato al Cie di corso Brunelleschi.
Corrispondenza radio
https://radioblackout.org/2015/12/sgombero-delloccupazione-di-via-borgo-ticino/
12 dicembre 2015
Un ragazzo occupante viene deportato in Romania
Un ragazzo identificato in via Borgo Ticino 7 viene deportato in Romania, dopo essere stato rinchiuso nel Cie, e riceve un ordine di allontanamento dall’Italia per 10 anni.
“La sua storia, come molte altre, si lega al mega sgombero della baraccopoli di Lungo Stura Lazio ed all’attuazione del progetto-truffa denominato “La città possibile”, voluto da Comune di Torino e dalla Prefettura, così come si lega all’occupazione ed al successivo sgombero della ex-caserma di Via Asti nel momento in cui la distruzione delle baracche volgeva al termine, ed agli sgomberi più recente sia degli spazi di Via Borgo Ticino, che della cd. “Fossa” lungo lo Stura, avvenuti giovedì scorso.” (fonte Radio Blackout)
2016 – 2017
Continuano le indagini e gli scandali che si porta dietro il progetto, ora concluso, de “La città possibile”. L’accusa nei confronti di associazioni e cooperative è di truffa aggravata
Nei primi mesi del 2016 il Comune di Torino recinta con chilometri di jersey di cemento e griglie d’acciaio l’area sgomberata di Lungo Stura Lazio per evitare nuove occupazioni. Intanto tonnellate di macerie delle baracche distrutte dagli sgomberi del Comune vengono inglobate dalla vegetazione.
Il 4 febbraio 2016 la Guardia di Finanza perquisisce le sedi di diverse associazioni e cooperative della cordata promotrice del progetto “La Città Possibile”, all’interno di un’inchiesta su presunte irregolarità che porta al sequestro di 400.000 euro: il reato inizialmente ipotizzato era turbativa d’asta per aver riallocato le famiglie tramite il progetto all’interno di immobili sprovvisti dei requisiti di abitabilità e nei quali sono stati accertati numerosi reati di abuso edilizio. L’inchiesta si chiude nel dicembre 2017 con la sola accusa di “truffa aggravata” nei confronti di esponenti di “Valdocco” e “Terra del Fuoco”.
2015 – 2017
Centinaia di persone sgomberate da Lungo Stura si spostano nella baraccopoli di via Germagnano, che viene posta sotto sequestro e sgombero
Maggio 2017
Nelle pagine 3 e 4 del documento vi sono diverse osservazioni e raccomandazioni che descrivono la situazione di forte discriminazione sociale e segregazione abitativa in cui continuano a vivere le comunità Rom, Sinti e Caminanti in tutta Italia, oltre ad altre osservazioni sul linguaggio di odio e forme di discriminazione razziale contro le stesse comunità. In particolare il Comitato delle Nazioni unite stigmatizza il perdurare delle politiche razziste del governo italiano e di molti comuni che continuano a creare campi mono-etnici, perpetrando la segregazione razziale contro rom, sinti e caminanti.
La Commissione inoltre fa riferimento al decreto Emergenza nomadi in vigore dal 2008 al 2011, voluto dall’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni e successivamente dichiarato illegittimo dalla Corte di Cassazione. Viene inoltre chiesto di cessare immediatamente la pratica degli sgomberi e provvedere a risarcire le persone che a causa di quel decreto hanno subito discriminazioni e violazioni dei diritti umani. (vedere link al documento integrale)
2018 – 2019
Sgomberi continui
Il Comune sgombera numerose baraccopoli in città, tra queste Corso Tazzoli, “tollerata” da almeno 13 anni, mentre inizia lo sgombero “a rate” di via Germagnano “non autorizzata”
2017 – 2020
Progetto Speciale Campi Nomadi e nuovo Regolamento per le aree sosta attrezzate per Rom e Sinti
2018 – Attacchi di violenza razzista e xenofoba contro persone rom
A causa dei vari sgomberi decisi dal Comune di Torino molte famiglie si trovano a vivere in una condizione di nomadismo forzato e sono obbligate a spostarsi di continuo da una area sosta ad un’altra, da un parcheggio ad un altro, da una sistemazione precaria e provvisoria ad un’altra.
L’unico risultato certo di questa gestione discriminatoria da parte del Comune di Torino e di altre amministrazioni limitrofe è quello di esporre ancora una volta nuclei familiari a pericoli, attacchi violenti e manifestazioni di odio ai loro danni in varie zone della città. Oltre che a nuovi sgomberi.
Il 7 maggio 2018 nel quartiere di Mirafiori sud viene incendiato con il lancio di due molotov un camper parcheggiato davanti alla chiesa di via Negarville. Nel camper vivevano due famiglie rom che in seguito allo sgombero del 4 marzo 2018 dell’area di sosta autorizzata di Borgaretto (Comune di Beinasco), dove le famiglie avevano vissuto per anni, si erano spostate vicino alla chiesa sperando di essere al sicuro. Tra le 7 persone che vivevano nel camper incendiato 3 erano adulti e 4 minori. Testimoni oculari hanno raccontato che alcune persone a bordo di una macchina rossa hanno lanciato due bottiglie incendiarie contro il camper e poi sono scappate. Fortunatamente nessun abitante del camper è rimasto ferito.
Nei giorni precedenti gruppi di cittadini avevano espresso tramite social media la loro contrarietà alla presenza di persone rom in quella zona e in altri luoghi della città.
Nello stesso anno continuano scandali e polemiche intorno al progetto “La città possibile” e vengono rilasciate da parte di esponenti dell’attuale giunta comunale curiose dichiarazioni su dove siano andati gli immigrati romeni poveri, rom e non rom, di Torino in seguito ai numerosi sgomberi avvenuti nel corso del 2018, in particolare riguardo all’insediamento di Corso Tazzoli:
L’assessore alle Politiche sociali, Sonia Schellino, ha risposto questo pomeriggio, in Consiglio Comunale, ad una interpellanza generale (prima firmataria Deborah Montalbano) nella quale si chiedevano notizie in merito alla popolazione rom, all’indomani dello sgombero del campo di corso Tazzoli.
Schellino ha spiegato che quasi tutti gli ex abitanti del campo sono attualmente in Romania nelle loro abitazioni di residenza, ad eccezione di tre nuclei, per un totale di sette persone. La maggior parte degli abitanti, tutti romeni, in gran parte rom, aveva lasciato il campo con le proprie vetture e furgoni il 4 giugno, dopo essere venuti a conoscenza dell’ordinanza della sindaca emessa in seguito ai problemi di sicurezza rilevati dai vigili del fuoco dopo l’incendio che si era verificato.
“La comunità rom romena è caratterizzata da una costante mobilità da e verso il Paese di origine, ha aggiunto l’assessora, dove tutti hanno regolare residenza presso abitazioni di proprietà o in locazione. Ogni anno gran parte degli abitanti delle aree spontanee cittadine prolungano la loro permanenza in Romania per il periodo estivo.
Martedì 5 giugno nell’area erano presenti 12 adulti, nessun minore. La presenza dei camper segnalati in città, non è da collegare con lo sgombero del campo di corso Tazzoli, ma fanno parte di movimenti ciclici o stagionali che riguardano caminanti siciliani e rom bosniaci provenienti da altri comuni.
“Le persone residenti nel campo, ha concluso Schellino, non avevano camper. Non fa parte della consuetudine della comunità rom romena sostare con i camper nelle città e non ci sono segnalazioni della presenza di ex abitanti del campo di corso Tazzoli in altri insediamenti della città”.
Fonte: comunicato dell’ufficio stampa del Comune di Torino del 25 giugno 2018
http://www.comune.torino.it/ucstampa/2018/article_517.shtml
In seguito allo sgombero una parte delle persone che vivevano da anni in corso Tazzoli si rifugiano in via Germagnano.
Nel corso del 2018 la polizia municipale cambia nome al “Nucleo Nomadi” che si trasforma in “Reparto informativo minoranze etniche”
http://www.comune.torino.it/ucstampa/2018/article_247.shtml
Nella colonna laterale si riportano i link delle comunicazioni dell’ufficio stampa del Comune di Torino a proposito della gestione dei campi “nomadi” presenti a Torino, l’approvazione del nuovo “Progetto Speciale Campi Nomadi” e altri documenti che riguardano i nuovi regolamenti che le persone Rom e Sinti devono rispettare per essere eventualmente “incluse” e temporaneamente accettate nelle “aree attrezzate autorizzate” :
[…] Tra le operazioni da svolgere durante la prima delle due macrofasi, da avviare e concludere nel corso del 2018, è prevista la realizzazione di un censimento delle attuali presenze nelle aree sosta attrezzate, da confrontare con l’elenco dei nuclei autorizzati in precedenza. Poi, una volta approvato il Regolamento ora al vaglio Consiglio comunale, si procederà alla sua attuazione con la raccolta delle domande presentate dalle famiglie che intendono permanere temporaneamente nei campi autorizzati e dimostreranno di essere in possesso dei requisiti richiesti.[…]
Fonte
8 Novembre 2019
La giunta regionale del Piemonte approva il nuovo disegno di legge “Norme in materia di regolamentazione del nomadismo e di contrasto all’abusivismo”
2019-2020
Continuano gli sgomberi quotidiani, anche durante il lockdown per il Covid, nella baraccopoli “non autorizzata” di via Germagnano, dove vivevano molte persone sgomberate da Lungo Stura Lazio
2019-2020
Ancora sull’utile dispositivo del sequestro da parte della Procura (questa volta per disastro ambientale) per sgomberare centinaia di persone malgrado l’emergenza sanitaria per Covid-19, senza alcun piano e nessuna alternativa abitativa da parte del Comune di Torino
Per approfondimenti sul tema inquinamento e sulla zona posta sotto sequestro:
Enrico Mugnai, Rom, Cronache dal dopo-campi, 1 giugno 2017, Il Manifesto, disponibile all’indirizzo https://ilmanifesto.it/rom-cronache-dal-dopo-campi/
“Fuori dai margini. L’abitare formale ed informale nell’area di Via Germagnano a Torino”, Matilde Cembalaio, settembre 2019, https://webthesis.biblio.polito.it/11935/1/tesi.pdf
Campagne monitoraggi ARPA via Germagnano anni 2014 – 2015
http://www.comune.torino.it/ambiente/bm~doc/1-monitoraggio-pm10_via-germagnano_giugno-2014.pdf
http://www.comune.torino.it/ambiente/bm~doc/2-monitoraggio-ipa-torino-via-germagnano_giugno-2014.pdf
Luglio – Agosto 2020
La “grande” distruzione delle baraccopoli di via Germagnano
2019 – 2020
Da Lungo Stura a via Germagnano: la sistematica guerra ai poveri del Comune di Torino